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Una nuova scoperta nel nostro Archivio: 115 anni fa la prima illuminazione elettrica pubblica a Varallo Pombia

Una nuova curiosità è uscita dal nostro archivio storico, oggetto - come noto - del progetto di riordino e valorizzazione finanziato con un contributo della Regione Piemonte vinto dal Comune di Varallo Pombia: la storia della prima illuminazione...
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13 agosto 2024

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Una nuova curiosità è uscita dal nostro archivio storico, oggetto - come noto - del progetto di riordino e valorizzazione finanziato con un contributo della Regione Piemonte vinto dal Comune di Varallo Pombia: la storia della prima illuminazione elettrica pubblica delle strade di Varallo Pombia!

Nel 1906 gli ingegneri Giuseppe Garbarini e Doro Migliora, elettrotecnici di Milano, proposero al Sindaco di Varallo Pombia l’installazione di un servizio di illuminazione pubblica elettrica. Fino a quel momento il paese ne era totalmente privo. Si trattava di collocare 18 lampade ad incandescenza con filamento a carbone da 16 candele ciascuna, che avrebbero dovuto essere attivate dall’imbrunire all’alba durante tutto l’anno.
L’ing. Migliora agiva per conto della Società per le Forze Motrici dell’Anza, che aveva sede a Novara, la quale il 6 febbraio 1907 presentò alla Prefettura la domanda di concessione di una rete di distribuzione d’energia elettrica, ricavata a un impianto idroelettrico sul torrente Anza, con una tensione di 8000 volt, che doveva passare anche da Varallo Pombia (foto 1). L’impianto era di sei fili di rame di 7 mm posti su pali di larice, o altra essenza forte, a non più di 40 metri di distanza uno dall’altro, alti dal suolo tra i 6 e i 7 metri.
Nel corso delle trattative con l’ing. Migliora il Consiglio comunale stabilì i punti del paese dove collocare le lampade.

Il totale era di 226 candele per 678 lire annue. Migliora però fece presente che le lampade da 10 candele avrebbero comportato dei costi di manutenzione pari a quelle da 16, senza contare che con quest’ultime si sarebbe ottenuta una «non stiracchiata illuminazione». Si stabilì anche la durata dell’illuminazione, sulla base delle variazioni dell’alba e del tramonto nei vari mesi dell’anno (foto 2). Di lì a poco la Società dell’Anza comunicò di aver dato mandato di trattare il nuovo impianto all’ing. Giulio Lombardi, residente e Castelletto Ticino, in sostituzione di Migliora.
 
Si dovette giungere al 28 agosto 1908 per la stipula del contratto ufficiale con la società Lombardi e C., con il quale fu stabilita la collocazione di 19 lampade da 16 candele l’una. Altre 6 lampade andarono negli uffici comunali, con tariffa a consumo, determinata per mezzo di un misuratore a noleggio (50 centesimi mensili), con uno sconto del 10% rispetto alla tariffa dei privati.

Il servizio iniziò a funzionare a un anno di distanza, il 1 settembre 1909, 115 anni fa.
Tutto procedeva bene, ma, con lo scoppio della I Guerra Mondiale, fu decretata la riduzione obbligatoria della illuminazione a metà dall’accensione fino alle 22.30 e poi a un quarto fino al mattino, particolarmente per motivi di difesa aerea. La Lombardi e C., facendo presente l’impossibilità di arrivare a un quarto dell’illuminazione esistente per motivi tecnici, propose l’accensione di solo 10 lampade. L’11 novembre il Consiglio comunale, considerando l’essere le lampade già «rarissime» con il rischio di togliere luce in punti stradali pericolosi, suggerì di lasciare spente le 4 lampade di minore importanza (piazzale parrocchia, via Vittorio Emanuele angolo casa Barberis, angolo della corte dell’ex albergo d’Italia, ed estremo della via Stazione di contro al magazzino Rossi) e ridurre a 10 candele le rimanenti. In questo modo le 304 candele totali sarebbero scese a 152, ottemperando al decreto e garantendo comunque l’illuminazione. Per convincere la società appaltatrice, che sosteneva delle difficoltà tecniche, il Comune coinvolse il consigliere provinciale ing. Gian Giacomo Ponti, «insigne elettrotecnico della città di Torino». Ponti, nato ad Arona nel 1878, era stato allievo e assistente di Thomas Edison. Dal 1918 guidò la riorganizzazione della SIP (Società Idroelettrica Piemontese) e dal 1925 fu presidente della STIPEL (Società telefonica interregionale piemontese e lombarda).

Il 26 novembre la Lombardi e C. acconsentì alle richieste e stipulò un accordo, impegnandosi a mantenere l’illuminazione esistente fino alla collocazione delle nuove lampade da 10 candele, purché l’autorità superiore non sollevasse obiezioni. Nonostante le ricerche effettuate non fu possibile trovare le lampade da 10 candele. La “Società italiana per le lampade elettriche Z” di Milano infatti, lamentando la scarsità del vetro e la difficoltà di trovare il sottile filamento necessario, scrisse di non essere in grado di far fronte alla richiesta, oltre a ricordare che queste lampade erano «fragilissime e adatte solo da interno». La Lombardi spense allora 9 lampade e il Comune, da parte sua, sospese sia il pagamento del canone annuo sia quello del costo della corrente utilizzata negli uffici municipali. La ditta interpellò il Prefetto, ma solo dopo il 14 dicembre 1918, a guerra finita, quando fu permessa la riattivazione dell’illuminazione ridotta, il Comune fu invitato a pagare gli arretrati.

Un nuovo contratto portò le lampade a 34 di 25 candele ciascuna, oltre a tre lampade per Cascinetta, con un canone annuo di 2400 lire. Il 28 febbraio 1930 il Podestà deliberò l’aggiunta di altre 12 lampade (300 candele), che la Società Anonima Elettrica Alto Novarese, successa alla Lombardi e C., installò in vari punti del paese. Un nuovo cambiamento avvenne nel 1931 con il passaggio della gestione alla Società Dinamo, la quale collocò nuovi fili di rame con isolatori di porcellana, sorretti da ganci e paline sulle facciate dei fabbricati prospicenti le strade e da pali di legno infissi nel terreno altrove.

Nel 1935 la Dinamo, ritenendo l’illuminazione ancora insufficiente, propose di collocare 57 lampade per un totale di 3135 watt (foto 3). Nel contratto del 1938, valido fino al 1943, le lampade del capoluogo furono potenziate ulteriormente: 48 da 40 watt, 15 da 60, 5 da 75, 2 da 160 e 1 da 200. Alla frazione al Porto vi erano 2 lampade e a Cascinetta 3, tutte da 40 watt. Per i 3895 watt totali il canone era fissato in 7790 lire. La Dinamo accettò di fare uno sconto sulle bollette del 50% rispetto al costo per i privati per gli edifici comunali e per le scuole.

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Ultimo aggiornamento pagina: 13/08/2024 16:45:36

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